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giovedì 21 ottobre 2010

MOVIMENTO POPOLARE PER IL DIRITTO AL LAVORO ( .M.P.D.L.)

M O V I M E N T O     P O P O L A R E    P E R

I L       D I R I T T O    A L      L A V O R O
                                                                          ( M. P. D. L. )


Questo Movimento popolare è assolutamente apolitico e apartitico e l’adesione a esso è assolutamente gratuita, libera da qualsiasi vincolo o condizione.
Questo Movimento è rivolto indistintamente a tutti i cittadini e vuole perseguire lo scopo di ricevere, tramite on-line, opinioni, domande, proposte, che siano espresse nei modi e nei termini consentiti dalla legge, riguardanti problemi e situazioni critiche attinenti al mondo del lavoro, sia esso dipendente oppure autonomo, e dare alle domande medesime la necessaria forza ed efficacia attraverso la presente forma e struttura associativa, che ha finalità esclusivamente sociali e non a fini di lucro, con il compito di sollecitare gli Organi Politici e Istituzionali a intervenire fattivamente e tempestivamente per ogni opportuna, positiva risoluzione dei problemi rappresentati, alla luce e nel rispetto delle norme sancite nella Costituzione Italiana.


Sito Blog :wwwmovimentopopolareperildirittoallavoro.blogspot.com




PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA RIGUARDANTI

IL DIRITTO AL LAVORO




ART. 1

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.


ART. 3

E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,

che, limitando, di fatto, la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il

pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i

lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.


ART. 4

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini, il diritto al lavoro e promuove le

condizioni che rendono effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la

propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o

spirituale della società.


ART. 35


La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni.

Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.

Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad

affermare e regolare i diritti del lavoro.

Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge

nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.


ART. 36


Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità

del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia

un’assistenza libera e dignitosa.

La giornata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali, e non può

rinunziarvi.


ART. 37


La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse

retribuzioni che spettano al lavoratore.

Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale

funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata

protezione.

La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariale.

La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce a

essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.


ART. 38

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha

diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle

loro esigenze di vita in caso d’infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia,

disoccupazione involontaria.

Gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento

professionale.

Ai compiti previsti in quest’articolo, provvedono organi e istituti predisposti o

integrati dallo Stato.

L’assistenza privata è libera.



ART. 46


Ai fini dell’elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le

esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a

collaborare, nel modo e nei limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle

aziende.

5 commenti:

  1. Notizie dal MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO


    Primo Piano 18-10-2010

    Sportello Unico per le attività produttive (SUAP) e Agenzie per le Imprese



    Con la pubblicazione dei due Regolamenti su SUAP ed Agenzie (DPR 7 settembre 2010, n. 160 e DPR 9 luglio 2010, n. 159), inizia un complesso processo di attuazione ed informatizzazione che consentirà di rendere gradualmente operative le innovazioni e semplificazioni previste da tali regolamenti per l’avvio o le modificazioni dell’attività d’ impresa.
    L’obiettivo è la loro piena utilizzazione a partire dal 30 settembre 2011. Il processo di attuazione è per i commi 3 e 4 dell’ art. 38 del D.L. 25 giugno 2008, n.112 “Impresa in un giorno”.

    Scheda di sintesi (formato pdf)
    Scheda di sintesi (formato word)
    Riferimenti normativi
     D.P.R. 9 luglio 2010, n. 159 Regolamento recante i requisiti e le modalita' di accreditamento delle agenzie per le imprese.
     D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160 Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attivita' produttive.
     D. Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 DIRETTIVA SERVIZI Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai SERVIZI nel MERCATO INTERNO (GU n. 94 del 23-4-2010-S.O. n.75)
    LINK correlati
     Semplificazione dell'attività di impresa
     IMPRESA in UN GIORNO

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  2. La mappa delle aziende in crisi
    Da Merloni ai call center al Made in Italy sono 170 i tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo Economico. A rischio 200-250mila posti
    Il 2010 è l'anno in cui inizia la ripresa, ma anche quello in cui la crisi fa maggiormente sentire i suoi effetti nel mondo del lavoro. Sono 170 i tavoli di crisi aziendali aperti al ministero dello Sviluppo Economico, e a rischio ci sono circa 200-250mila posti di lavoro.
    La mappa della crisi vede alcuni settori particolarmente in sofferenza, come quello dei call center, con circa 20 mila posti a rischio. A quota 15mila i lavori in bilico nella ceramica, soffre il distretto del mobile imbottito fra Puglia e Basilicata, che rischia un ridimensionamento nell'ordine di 5mila posti su un totale di 15mila. Fra le situazioni di maggior rilievo, il gruppo Merloni, con 4mila posti a rischio in Umbria, Marche ed Emilia e con il recente annuncio della volontà di chiudere due stabilimenti Indesit, nelle province di Bergamo e Treviso.
    I 170 tavoli aperti riguardano aziende che hanno in torale 400mila dipendenti. È pari a uno su quattro il numero di coloro che rischiano di perdere il posto, per un totale di circa 109mila persone. Ma da questo monitoraggio sono escluse le piccole e medie aziende (i tavoli aperti riguardano imprese coon almeno 150-200 addetti). Fra l'altro, non ci sono neanche le vertenze relative ai grandi gruppi, seguite dall'insieme del ministero, come Fiat, Telecom, Eni, e le aziende in amministrazione straordinaria. Per cui, secondo i calcoli di Giampiero Castano, il responsabile dell'unità di crisi, si arriva a 200-250mila posti a rischio.
    Geograficamente, la regione più esposta è la Lombardia, con 3777 posti a rischio, seguita dal Piemonte, a quota 3370, e dalla Puglia, a 3120. Con un numero di posti fra i 2mila e i 3mila, Veneto, Lazio, Toscana e Campania. Intorno a quota mille Sardegna, Abruzzo, Basilicata ed Emilia Romagna.
    Quanto ai settori, non si salva nemmeno il Made in Italy, per esempio con le crisi di Mariella Burani, in amministrazione controllata, che riguarda mille e cinquecento persone, o di Ittierre, l'azienda di It Holding che sarà in vendita entro l'estate, con una vertenza che riguarda 1500 lavoratori, ma anche del Gruppo Miroglio o di Golden Lady.
    Per non parlare dell'information technology, che fra ex Eutelia, Omnia Network, Phonemedia e altri vede circa 20mila persone rischiare di perdere il lavoro. Circa 4500 i posti a rischio nella chimica di base, con vertenze come quella della Vinylis di Porto Torres, i cui operai nei mesi scorsi hanno occupato l'Asinara ribattezzandola Isola dei disoccupati. Altri 4mila lavori in bilico nella farmaceutica, Oltre tremila nella componentistica auto, con le crisi di Ergom, dove 500 persone rischiano di perdere il posto in Piemonte, Campania e Lombardia, Oerlikon, 1200 posti, o della Grimeca di Rovigo.
    Barbara Weisz
    14 Giugno 2010

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  3. A Z I E N D E I N C R I S I

    Secondo l’Istat, in un anno sono andati persi 508 mila posti di lavoro. Ma nelle statistiche ufficiali non figura chi lavorava in nero o con partita Iva. I telegiornali ci hanno abituato ad aziende che chiudono, operai incatenati, occupazioni, cortei. Conosciamo le difficoltà di:
    Fiat, Termini Imerese chiuderà nel 2011, mentre a Pomigliano i lavoratori sono in Cassa integrazione da oltre un anno (in un prossimo articolo analizzeremo la strategia Fiat in Italia e nel mondo);
    Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), 400 ricercatori rischiano di non vedersi rinnovare i contratti;
    Alcoa rischia la chiusura, 2000 lavoratori andrebbero a casa;
    Agile – Omega rischia la chiusura, 2000 lavoratori rimarrebbero senza lavoro;
    Nortel azienda smembrata e venduta a pezzi, 28 lavoratori licenziati;
    Yamaha, 66 lavoratori a rischio;
    Ansaldo Breda, un piano di ristrutturazione prevede 600 esuberi;
    Nokia Siemens, 600 lavoratori a rischio.
    Merloni, 1600 lavoratori in cassa integrazione su 2000;
    Iris, l’azienda ha chiuso, 780 dipendenti in mobilità.
    Nulla si sta salvando. Né la grande industria, né le Pmi, né i distretti industriali. La causa, però, non va ricercata solo nella grave crisi mondiale. La decadenza italiana e iniziata negli anni Settanta, quando i grandi complessi industriali hanno cominciato a puntare sulla svalutazione della lira anziché sull’innovazione. Lentamente, colossi come Montedison (chimica), Olivetti (informatica), Italsider (siderurgia) sono scomparsi. La Fiat sta ridimensionando la sua presenza sul nostro territorio. Rimangono solo Eni, Enel e Telecom, che sono di origine pubblica.
    Le Pmi e i distretti industriali sono troppo piccoli. Non hanno risorse sufficienti né per la formazione altamente professionale, né per finanziare la ricerca. Le nostre punte di eccellenza sono quasi a livello artigianale. Riescono a crearsi delle “nicchie” nel mercato globale, ma non hanno la forza per dominarlo e indirizzarlo. Non siamo, ancora, riusciti a realizzare una nuova economia, fatta di servizi avanzati, bio e nano tecnologie, informatica, elettronica, ricerca tecnologica, fonti rinnovabili. Raramente siamo in grado di fornire soluzioni e competenze di altissimo livello.
    Mentre altri Paesi sono già entrati nell’economia della conoscenza e della creatività, noi siamo immobili. Bloccati da clientelismo, malaffare, inefficienze, interessi malavitosi, ottusità e miopia politica. I nostri ricercatori devono andare all’estero. Le nostre aziende assumono pochi laureati. Per sopravvivere siamo costretti a fronteggiare la concorrenza globale con precarietà del lavoro, bassi salari, delocalizzazione.
    Intanto, mentre aspettiamo che arrivi la ripresa, il nostro tessuto produttivo continua a sfaldarsi. Secondo il 43° Rapporto sulla situazione sociale del Paese realizzato dal Censis, “nel corso del 2009 il sistema manifatturiero italiano ha registrato una flessione di più del 10% della produzione, del 24% delle esportazioni, dell’1% nel numero di imprese”, che a metà anno erano già 4000 in meno.

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  4. LA SOLUZIONE
    Stiamo vivendo momenti drammatici, ansie e angosce turbano profondamente le normali condizioni di vita in ciascuno di noi, soprattutto per i segnali di allarme di natura finanziaria e di recessione economica che sempre più incisivamente rappresentano una crisi molto grave per tutta la economia globale.
    Nel corso di pochi anni la popolazione mondiale è passata da circa tre miliardi a sette miliardi di individui sulla terra e oltre un miliardo e settecento milioni sono quelli che vivono nel continente asiatico. Il baricentro della economia e della ricchezza mondiale si è spostato, man mano , nel corso dei secoli , dal continente Europeo a quello Americano ed ora alla Cina , India , ed altri Paesi come il Brasile, il Giappone, ecc..
    A molti Paesi Europei, come l’Inghilterra , la Spagna, la Francia, Il Portogallo, L’Italia, sono venute a mancare importantissime risorse con la perdita di domini coloniali e pertanto costretti ora a pagare abbondantemente ad altri Paesi somme rilevanti per acquisire tutti i beni necessari al mantenimento di condizioni di vita via via sempre più esigenti rispetto alle richieste della popolazione e quindi ad indebitarsi non riuscendo a compensare ciò attraverso una adeguata e autonoma produzione della ricchezza nazionale. Ciò si è verificato in questi ultimi anni anche in America , soprattutto a causa di enormi spese destinate agli armamenti e missioni militari per il controllo economico e strategico in diverse regioni nel mondo.
    L’evoluzione tecnologica impone una forte richiesta di risorse energetiche ,quali petrolio, gas , nucleare ; fattori che però vanno rivelandosi insufficienti per tutti.
    Se in molti Paesi la produzione di beni si mantiene a troppo bassi livelli , in altri come la Cina , l’India , il Brasile essa , invece, è in continua crescita e le rispettive economie tendono naturalmente ad espandersi condizionando tutti i mercati a loro favore. Quindi la ricchezza di questi Paesi è la forza – lavoro , è la loro capacità di fornire prodotti a costi di mano d’opera ben inferiori rispetto ad altri Paesi e pertanto più competitivi non essendo inferiori anche sotto il profilo della qualità tecnologica. Dunque, più produzione , più ricchezza economica e finanziaria, maggiore necessità di dover esportare i propri prodotti e conseguentemente il bisogno di mantenere più basso , rispetto a quello degli altri Paesi, il valore della propria moneta. Da qui si spiegano gli attacchi all’Euro, i drastici giudizi da parte delle cosiddette agenzie di Rating, le speculazioni in borsa.Il fenomeno della crisi economico-finanziaria ,che ha colpito e continua ad investire l’America ed anche i paesi del Continente Europeo, certamente è stato determinato da questo squilibrio di condizioni , anche per il fatto che è venuto a determinarsi uno spostamento, come potere economico , dalla forza – lavoro- produzione ad un sistema finanziario basato essenzialmente su scambi di titoli di credito , il quale man mano si è rivelato una colossale bolla a livello globale, dato che la gestione economica delle risorse naturali ed umane disponibili spesso è stata condotta in modo distorto, con eccesso di spese non finalizzate al miglioramento dello stato sociale della cittadinanza o dell’ambiente territoriale, bensì ad opere speculative , improduttive o demagogiche……….( segue seconda parte )

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  5. ………………( seconda parte )….
    Allo stato delle cose, in ciascuno dei Paesi, adesso legati l’uno con l’altro da un sistema finanziario che rischia di esplodere, vi è una diversità di situazioni , più o meno grave. Se scoppia la bolla in uno di questi , ad uno ad uno anche tutti gli altri subiscono l’effetto domino. Motivo per cui, o il sistema globale ritrova il suo equilibrio di rigenerazione al suo interno, con provvedimenti di intervento e di rinforzo e di controllo degli anelli più deboli della catena e conseguentemente di difesa della moneta comune ( l’Euro ) , oppure il sistema è destinato a rompersi, con effetti quanto meno destabilizzanti , sia politicamente che economicamente e socialmente.
    Ciò , se dovesse accadere , non è detto che sarebbe un guasto assolutamente irreparabile. Caduta la moneta unica , il nostro Paese ritornerebbe alla vecchia lira, soggetta ad una forte svalutazione, che però potrebbe avere condizioni più favorevoli per l’esportazione dei prodotti. Pertanto, la prima cosa da fare sarebbe quella di riprendere con la maggiore energia possibile tutte le risorse umane e naturali , utilizzando la grande capacità di iniziativa privata che la nostra gente ha sempre dimostrato al mondo di possedere e nei momenti più difficili. L’Italia è un Paese ricco di cultura, ha un clima ed una posizione geografica invidiabile, possiede intelligenze geniali, magnifici paesaggi e culture e allevamenti qualificati. Vi sono condizioni idrogeologiche che aspettano urgenti interventi di manutenzione e di messa in sicurezza,attività turistiche che se meglio opportunamente curate , esse sole possono già costituire fonte di grande ricchezza, prodotti manifatturieri e alimentari d’eccellenza, ricercati ed apprezzati nel mondo. Ma per far si che tutto ciò possa risorgere è assolutamente necessario che cambi la mentalità che purtroppo si è ramificata nel tessuto sociale italiano, cioè l’abitudine a delegare ad una politica qualunquistica o affaristica le sorti di una nazione che merita ben altro.
    Però questo il RISVEGLIO deve avvenire da subito, ancor prima che tutto precipiti. Occorre che i movimenti popolari si uniscano , tutti insieme , per la ricostruzione politica del Paese , fatta di persone serie, oneste e competenti. E’ necessario che si abbandoni il sistema fondato sui valori finanziari e che le banche riprendano il loro naturale ruolo , soltanto quello commerciale, di deposito di denaro da parte dei risparmiatori ed erogazione di prestiti , a tasso legale , per lo sviluppo delle imprese .
    Anche se l’insieme dei Paesi Europei decidono in tempo su soluzioni di salvataggio dell’Euro e questo determinerà comunque provvedimenti drastici e penalizzanti sulla economia delle famiglie e quindi di inevitabile fenomeno di recessione, pur tuttavia il RISVEGLIO delle coscienze e delle forze individuali , fisiche ed intellettive , sarà un dovere per tutti e per il futuro delle nuove generazioni e necessario per affrontare in modo efficace la crisi . Se riprende realmente la CRESCITA con il lavoro e la produzione , e la gestione della cosa pubblica da parte della POLITICA sarà trasparente e corretta, il bubbone del cosiddetto debito pubblico potrà ridimensionarsi , gradualmente, e non costituirà più un motivo di grande angoscia, né di stravolgimento dell’assetto di vita democratica del nostro Paese.
    SIAMO ANCORA IN TEMPO E MOLTO DIPENDE DALLA VOLONTA’ POPOLARE.

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